Casa Circondariale: BENEVENTO
23 settemebre 2019
Al carcere di Benevento abbiamo incontrato le allieve del laboratorio teatrale condotto da: Alda Parrella dell’associazione exitstrategy
Il mio volontariato nel carcere di BN,insieme ad altre compagne della associazione di cui faccio parte, è stato lo sviluppo normale e direi una esigenza per chi si occupa di sostenere le donne vittime di violenza. Anche nelle situazioni detentive le donne sono quelle che psicologicamente soffrono di più, il loro ruolo, così come è strutturato nella nostra società, è sospeso.I sensi di colpa rispetto all’abbandono dei figli e delle famiglie diventa una ulteriore colpa da scontare. Quando avverto il timore che le persone provano all’idea di trovarsi di fronte ad uomini e donne “pericolose” o in ogni caso ” diverse” dall’ idea che abbiamo di “noi – altri”, penso che forse la “paura” dovrebbe essere quella di scoprire persone molto più simili a noi di quanto potremmo pensare, con gli stessi sentimenti, con le stesse paure, con gli stessi desideri e con le stesse umane passioni. In questi anni ciascuna di loro mi ha regalato qualcosa, nei loro racconti ho incontrato tradimenti, perdite, cadute, rifiuti, ribellioni e coraggio. Durante questi anni, si sono impegnate nello studio di testi anche difficili, mosse dal desiderio di non deludere nessuno, con la voglia di mostrarsi agli altri con una nuova e più matura consapevolezza e grazie al teatro il carcere diventa visibile e di conseguenza può diventare utile…quando mi chiedono perché, dopo tanti anni, continuo a lavorare in un contesto così complicato, la mia risposta è sempre la stessa…perché no?!
Alda Parrella
ecco alcuni dei testi che le sue allieve hanno recitato con noi

Il carcere utile è quello del rispetto della persona umana e della dignità.
E’ il carcere del ripensamento e della responsabilità individuale e collettiva, che non giudica la tua storia ma che dalla stessa non può prescindere.
E’ il carcere che ti insegna il lavoro o che non te ne fa dimenticare il ricordo, è il carcere che considera ogni persona, perché persona, come risorsa e investimento.
E’ il carcere delle regole partecipate e comprese, perché spiegate.
E’ il carcere che ti invita a riflettere sulle tue azioni passate e future, e che comunque ti offre una via d’uscita.
E’ il carcere che senza dimenticare non si vendica.
E’ il carcere che scommette sulla tua dignità, sui tuoi talenti, sul tuo lavoro, sul tuo istinto di sopravvivenza non solo fisica ma anche morale, è il carcere che ti invita alla sfida verso te stesso e verso quanti non credono più in te

Sono partita dal mio paese con un mare di sogni
e ho attraversato un mare di sabbia.
Ho vissuto prigioniera un mare di giorni da dimenticare.
Ho sfidato un mare di acqua che mi ha risparmiato.
Ho incontrato un mare di uomini che mi hanno mentito.
Sto vivendo un mare di giorni sempre uguali.
Uscirò da qui con un mare di speranze che ancora non muoiono

Tra queste mura ho trovato la scrittura, buona amica per trascorrere le ore e guardarsi dentro.
Un diario è un confidente, è come uno specchio attraverso il quale vedi la tua vera immagine e diventi autrice e attrice della tua evoluzione.
Quì dentro si vive in una sequenza interminabile di gesti, pensieri, orari, sempre uguali, tanto da essere fagocitate.
Questo tempo vorremmo viverlo, abitarlo e non subirlo.
La cosa più difficile è non riuscire a rassegnarsi di essere prigionieri soprattutto delle nostre colpe.
Ma una fine c’è e noi la aspettiamo con speranza.